Se ne parla ogni volta che c’è una crisi, come quella che stiamo vivendo con la guerra in Ucraina, senza arrivare a comprendere la strategia dei brand che prendono posizione.

A due anni dall’inizio della pandemia, evento che ha messo a dura prova le penne più spericolate, oggi è una guerra a far languire i piani editoriali dei grandi marchi, delle PMI, ma anche dei brand personali avvitati nel dilemma più comune: “continuo a postare oppure mi fermo? E se continuo, cosa dico?”.

Un esempio di brand che prende posizione: Nando’s

Fernando Duarte e Robbie Brozin nel 1987 in Sud Africa, crearono un ristorante che divenne famoso grazie al pollo cucinato con una particolare salsa, chiamata PERi-PERi; e fino a qui niente di speciale, se non fosse che i due imprenditori avevano l’ambizione di coinvolgere le persone nella piacevolezza del gusto, offrendo opportunità che impattassero positivamente sulle loro vite.

È in queste ultime parole che il marchio smette di essere “solo” un ristorante, diventando icona di attivismo; sin dall’inizio della sua storia, l’azienda decide di partecipare attivamente alle tematiche politiche e sociali che ne rappresentano i valori occupandosi, ad esempio, dell’istruzione dei giovani sudafricani, assicurando loro un posto di lavoro al conseguimento della laurea. 

In materia di prese di posizione, per Namdo’s l’attivismo deve essere parte del DNA del brand, mettendo in guardia le aziende dalle parole che escono dai piani di comunicazione e marketing, senza essere sostenute dalla forza delle azioni.

Credo che questo passaggio sia il più importante per chi si chiede cosa fare dei propri piani editoriali, oggi con una guerra, ieri con la pandemia, domani non si sa.

La strategia

Sepanta Bagherpour, chief brand officer di Nando’s North America, racconta come la fine dell’apartheid e la conseguente fioritura della società, spinsero il brand a decidere di parlarne per celebrare quel momento storico che segnò profondamente l’identità del marchio, con spot anche molto controversi da dover poi essere cancellati, come quello che trovi di seguito.

 

Nel tempo hanno affinato la scelta sia sugli argomenti da trattare che sul modo in cui farlo, ottenendo il consenso del pubblico per le posizioni espresse; per dare solidità a questo tipo di comunicazione, hanno creato una strategia che sintetizzo in quattro step:

  • Correre il rischio di non piacere a tuttǝ, ma soprattutto decidere di parlare all’intelligenza del pubblico; un brand attivista tende al miglioramento della vita delle persone alle quali si rivolge, con un impatto diretto sulla società: questo è il suo scopo e prendendo posizione lo realizza.

 

Elezioni Trump: stand Nando’s con la campagna “Tutti sono benvenuti”.

un ristorante americano come esempio di brand che prende posizione su cause sociali

  • Identificare il tema, utilizzando tre parametri:

    1. l’esistenza di un collegamento diretto tra l’argomento e quello che fa il marchio;
    2. l’armonia tra il contenuto e i valori aziendali;
    3. la possibilità di far seguire alla campagna delle azioni concrete, parametro senza il quale la comunicazione non può prendere vita.
  • Una volta identificato il tema da trattare coinvolgere tutti gli stakeholder e il personale interno in una discussione aperta, nella quale ognunǝ possa esprimere il proprio punto di vista rispetto a quel contenuto; un forum fondamentale per decidere se e come declinarlo nella comunicazione.
  • Analizzare i dati attraverso la produzione di materiali che anticipino le reazioni del pubblico sui media, in modo da includere tutte le opinioni senza snaturare la campagna.

La scelta di esporsi sui temi caldi che riguardano la società richiede quindi anche investimenti più ampi rispetto alle compagne standard, sia di budget che di persone, per sviluppare il progetto senza trasformarlo in un’arma a doppio taglio.

Un grande impegno, sostenuto dalla decisione di voler abitare il mercato dando un contributo e che risponde ai dubbi di questo periodo oscuro, nel quale la presa di posizione dell’ultima ora, se non si è fatta una scelta identitaria a monte, rischia di danneggiare il marchio, al posto di valorizzarlo.

L’ultima campagna di Nando’s per il lancio della nuova App, fa il verso alle teorie complottiste e antiscientifiche, con l’obiettivo di promuovere una cultura di fiducia nella scienza:

 

Sono ancora poche le aziende in grado di fare cultura con la propria comunicazione, parlando all’intelligenza delle persone, al posto di dare la caccia all’istinto.

Essere umano, copywriter, UX writer & event designer at Linguaggi Umani | info@robertamarchi.com | Website

Mi chiamo Roberta Marchi e scrivo per aiutare brand e persone a incontrarsi, sia in digitale che live.

Mi appassiona la visione d'insieme e la creatività, che senza analisi è nulla. Credo nella comunicazione che rilascia ispirazioni, come quelle che ho ricevuto viaggiando; l'incontro con culture diverse mi ha insegnato a contaminare le mie certezze per non sentirmi mai troppo al sicuro e restare disponibile al cambiamento.