Cosa ne sarà dei siti web con l’arrivo di SGE?

Non ho mai avuto dubbi rispetto all’utilità di siti e blog, anche quando i social erano pieni di richiami alla loro decadenza, esauriti con la prima ondata di cancellazione dei profili “a caso”, fenomeno diventato poi l’incubo peggiore di chi lavora ai contenuti delle pagine social.

Da quel momento si è compresa l’importanza di avere un canale proprietario del brand non soggetto alle bizze delle piattaforme social che, in quanto private, possono decidere non solo di eliminare un account, ma anche di modificare la propria natura.

Il web non è libero come pensavamo e i motori di ricerca sono anch’essi piattaforme private, ne abbiamo vissuto i cambiamenti nel corso degli anni e quello che sta avvenendo, forse, è il più incerto e oscuro rispetto al passato.

Come cambia il layout in prima pagina con SGE

Google ha rilasciato la versione beta di SGE (Search Generative Experience) che ha come protagonista l’intelligenza artificiale, lo strumento che risponderà direttamente alle tue richieste (esempio nell’immagine) pescando le informazioni dal web e senza citarne le fonti.

Layout di Google SGE a seguito di una ricerca.

In diretta concorrenza con i siti, il motore di ricerca ti mostrerà la risposta della AI e solo dopo inserirà dei link a cui difficilmente farai caso, come accade già ora con le risposte complete alle domande, che trovi nella sezione People Also Ask.

Dopo aver ricevuto una risposta esaustiva (vera o falsa che sia, sarà difficile capirlo) le persone avranno ancora voglia di entrare all’interno di un sito per approfondire?

Un tema su cui è bene iniziare a interrogarsi.

I risultati dei test sulla ricerca con SGE

Le risposte della AI, oltre a rappresentare un plagio, potrebbero essere fuorvianti e incomplete, come evidenzia l’esperimento condotto da Tom’s Hardware, che sta testando la versione beta con evidente sconforto.

In un lungo articolo che ti consiglio di leggere, fa emergere una serie di debolezze del sistema.

  • Plagio: la AI compone la risposta al quesito di ricerca utilizzando diverse fonti e assemblandone i contenuti, ma senza citare tutte le fonti.
  • Risposte errate o parziali: il mix di fonti potrebbe portare a risposte errate e la persona potrà capirlo solo se possiede le competenze sul tema. Pescando tra varie fonti, la risposta potrebbe essere incompleta e spingere la persona a fare ulteriori ricerche, aumentando l’ansia, emozione che confonde e allontana le persone dai propri obiettivi.
  • Competizione con i siti: la nuova interfaccia propone un layout grafico che mette in evidenza la risposta di Google prodotta con l’intelligenza artificiale, posizionando il primo sito solo successivamente, a una distanza di 1360 px.

Layout prima pagina di Google, com'è ora e come sarà con SGE

Dai risultati emerge l’incoerenza con la narrazione proposta da Google in questi anni, per cui Esperienza, Competenza, Autorevolezza, Affidabilità dei contenuti (EEAT) rappresentano i parametri di affidabilità di un sito web.

Cosa che sembra valere solo per noi comuni mortali, ovviamente.

Se a questi cambiamenti sostanziali uniamo l’aumento dei costi delle sponsorizzate (di Google e social), i brand piccoli o professionali dovranno farsi venire qualche idea per sopravvivere.

Le persone avranno sempre bisogno di informazioni e se non sarà più così democratico, affidabile o facile trovarle su Google, è possibile che cerchino dei siti autorevoli da consultare senza passare per la ricerca, utilizzandola solo per determinati argomenti.

Se Google si riempirà (ancora di più) di contenuti spazzatura, potrebbe essere l’occasione per creare risorse a pagamento, destinate a user in fuga dal ciarpame?

I contenuti: come affrontare il cambiamento

Ci tengo a chiarire che le mie preoccupazioni sono rivolte ai siti di brand piccoli o professionali e a chi sta partendo oggi con la propria attività e con un piccolo sito.

I siti di medie e grandi organizzazioni ben posizionati, e-commerce e inserzionisti, sapranno come gestire il cambiamento, potendo contare su struttura, budget e presenza consolidata in rete.

Per chi non ha queste possibilità il lavoro sui contenuti dovrà diventare ancora più importante, perché rappresenterà il ponte sul quale incontrare persone ancora più profilate con cui connettersi e creare relazioni basate su valori, visione del mondo e passione per il lavoro che svolge il brand.

Anche l’utilizzo dei canali social dovrà indirizzarsi verso obiettivi molto concreti di relazione, perché quell’incontro di cui parlavo, avverrà anche lì; il lavoro di comunicazione dovrà essere finalizzato alla creazione di un gruppo di persone che vuole diventare qualcosa di più specifico, che prenderà vita all’interno di un canale privato, come una news letter o una piattaforma a pagamento (ma anche free) di contenuti formativi e informativi.

Costruire una community

In uno dei suoi ultimi articoli Riccardo Scandellari parla di come abitare gli spazi digitali nel 2023, con una comunicazione moderna.

I numeri non sono importanti

Cosa te ne fai di 100.000 follower, persone distratte da un feed prigioniero di un algoritmo ballerino che persegue bene i suoi interessi e poco i tuoi?

Pensa a 500 persone tutte fortemente interessate a quello che fai; se dovessi incontrarle dal vivo, riempiresti la platea di un teatro.

Guarda ai numeri immaginando di incontrarle fisicamente e ti accorgerai che non sono poche; cambiando prospettiva puoi iniziare a costruire una comunità solida di persone vere, disponibili a seguirti e prendere parte alle tue iniziative.

Cura dei contenuti

Parlare di sé, di prodotti e servizi poteva andare bene dieci anni fa, oggi le persone hanno bisogno di altro, considerata anche la mole di contributi che intasa la rete ogni giorno.

Fai cultura sul tuo lavoro, sarà più impegnativo ma ne varrà la pena.

  • Ricerca: crea un flusso di lavoro che abbia la ricerca come base, in modo da avere accesso alle informazioni migliori e più autorevoli del tuo settore
  • risorse: produci contenuti molto approfonditi, da riservare alla community, tenendo presente le loro esigenze, ascoltando i tuoi clienti e facendo qualche piccolo sondaggio quando vedi un calo di attenzione;
  • distribuzione: attingi da queste risorse per creare contenuti più brevi da divulgare sui social, e sul sito, utili per creare interesse verso i temi e la possibilità di approfondirli con l’ingresso nella tua community;
  • canali: scegli solo quelli che ti rappresentano meglio, dove puoi incontrare le persone interessate a te e, soprattutto, che puoi gestire senza impazzire. Avere più canali e non riuscire a curare le interazioni o i formati per la divulgazione, non aiuterà la tua reputazione, risultando inutile al raggiungimento degli obiettivi;
  • personalizzazione: anche nei contenuti più tecnici, offri sempre il tuo punto di vista personale, basato sulla tua esperienza e, quando è coerente, condividi dei casi di studio che hai gestito direttamente;
  • mostra chi sei: fai in modo che i tuoi valori e la tua visione del mondo emergano dai contenuti, riservando piccoli spazi a riflessioni che ti permettano di mettere in luce la tua visione del mondo.

Questo momento di transizione è ideale per ripensare a una strategia focalizzata sulle persone; il sito continuerà ad essere un punto di riferimento per chi, in arrivo dalla community, avrà bisogno di approfondire prodotti e servizi che offri con il tuo lavoro.

Cosa resterà della SEO con Google SGE

Se hai un piccolo sito o stai partendo con un’attività nuova, il sito continuerà ad essere uno strumento fondamentale per il tuo lavoro, oltre all’unica casa di proprietà che, al contrario dei social, nessuno potrà portarti via.

È il contenitore principale all’interno del quale puoi custodire tutto il tuo lavoro, la parte visibile che presenta e quella tecnica che gestisce i dati; le persone che incontri, a cui lasci il tuo contatto potranno scoprire chi sei partendo da quella casa, che contiene:

  • la tua storia;
  • quello che fai e il perché lo fai;
  • prodotti, servizi e offerte;
  • informazioni, articoli ed eventi;
  • i tuoi contatti.

Che Google lo mostri in prima pagina oppure no, resterà la prima presentazione che utilizzerai per mostrarti al tuo pubblico, motivo per cui dovrà essere costruito rispettando tutti gli standard qualitativi:

  • user experience eccellente, sia per il design (estetica e funzione) che per i contenuti (verbal e content design);
  • architettura dell’informazione e gerarchia dei contenuti studiate per rendere la navigazione facile e intuitiva;
  • contenuti studiati per soddisfare l’esigenza informativa e transazionale delle persone.

Tutti questi elementi concorrono a formare quella che continuiamo a chiamare SEO pensando alle parole chiave, quando, invece, è un sistema complesso di regole utili a strutturare uno spazio digitale che funzioni bene tecnicamente e per le persone che lo navigheranno.

Come vedi, la SEO è un modo di concepire un sito web che va oltre alle semplici parole chiave, e che chiarisce la tua professionalità agli occhi delle persone interessate a te, indipendentemente da ciò che farà il motore di ricerca.

La SEO è un insieme di buone pratiche create per aiutarci a produrre contenuti indirizzati per le persone, cosa che continueremo a fare, restando in ascolto attivo nei confronti del panorama, sempre più mutevole, dei motori di ricerca.

Essere umano, copywriter, UX writer & event designer at Linguaggi Umani | info@robertamarchi.com | Website

Mi chiamo Roberta Marchi e scrivo per aiutare brand e persone a incontrarsi, sia in digitale che live.

Mi appassiona la visione d'insieme e la creatività, che senza analisi è nulla. Credo nella comunicazione che rilascia ispirazioni, come quelle che ho ricevuto viaggiando; l'incontro con culture diverse mi ha insegnato a contaminare le mie certezze per non sentirmi mai troppo al sicuro e restare disponibile al cambiamento.