L’idea di scrivere di storytelling del settore turistico è nata dalla lettura dell’ennesimo libro sull’India, che ormai sento di conoscere un po’ pur non essendoci mai stata fisicamente.
La narrazione dei luoghi ambisce a questo ma non sempre ci riesce; sviluppare delle immagini vive, reali nella mente di chi legge aiuta ad entrare nel territorio e favorisce la scelta di acquisto.
Se ti accingi a scrivere per il settore turistico, ti consiglio di leggere tre libri che, pur non essendo manuali di storytelling, hanno tanto da insegnare:
Sono tre storie molto diverse che hanno in comune l’approdo in India da parte dei protagonisti e la conseguente decisione di viverci per un po’; li prendo come esempio in quanto autobiografici, esperienze realmente vissute, dalle quali scaturisce una descrizione dei luoghi fedele alla realtà.
In ogni racconto ho ritrovato pezzi di territori, atmosfere, emozioni che, come un puzzle, ho potuto far combaciare; i luoghi vibrano dentro la storia e anche quando sono struggenti (l’India ne è piena) il desiderio di esserci emerge forte.
Trasmettere un’esperienza
Questi autori narrano delle storie realmente vissute, intrecciandole ai luoghi che sono diventati il motivo di determinate scelte; per questo la descrizione dei territori è particolarmente dettagliata in ogni libro e trovarne le corrispondenze per chi legge, rappresenta quanto il racconto sia reale.
Un elenco di posti da visitare collegati fra loro dai classici luoghi comuni del linguaggio turistico, relegano la bellezza di un territorio al ruolo di cartolina, senza riuscire a valorizzarne davvero le peculiarità.
Adottare una tecnica di storytelling, quindi un insieme di contenuti che raccontano il modo in cui il travel brand vuole coinvolgere le persone, consente a quella descrizione di animarsi dentro a una storia vera che intreccia persone e luoghi in una trama, trasformando la lettura in un’esperienza dalla quale emergono i valori del territorio.
Come iniziare la descrizione di un luogo
Dando per scontato che tu sappia raccontare una storia, per entrare nel vivo dello storytelling nel turismo, puoi iniziare mettendo insieme gli elementi che ti serviranno per sperimentare la descrizione persuasiva di un luogo:
Per trasferire un’emozione reale nel racconto di un luogo che non hai mai visto, ti viene in aiuto la rete, con la sua moltitudine di turisti ansiosi di recensire i loro viaggi con dovizia di dettagli.
È un lavoro di ricerca e comparazione abbastanza impegnativo ma ti renderai conto che la maggior parte delle recensioni sono delle vere e proprie mappe dei territori, a disposizione di chi li deve visitare e, nel nostro caso, a chi deve comporre storytelling che lascino qualcosa di palpabile in chi legge.
Finita la ricerca avrai la sensazione di averlo visto quel posto e ne scriverai con naturalezza.
Esempio di storytelling turistico
Voglio darti uno strumento concreto dal quale partire per lavorare al tuo storytelling, fornendoti un contenuto scritto da me qualche anno fa.
Il brief.
La storia.
Viaggiando per lavoro mi è capitato spesso di scoprire posti perfetti per una vacanza.
Accade nell’estate di qualche anno fa, quando, insieme al mio gruppo di lavoro, perdemmo l’aereo che da Bari avrebbe dovuto portarci a Bologna, in una delle tappe della tournée estiva alla quale lavoravamo.
Decidemmo così di noleggiare un’auto, con la quale viaggiammo per ore risalendo dalla Puglia verso le Marche, dove la produzione aveva organizzato una fermata per consentirci di riposare.
Arrivammo verso sera nei pressi di un paesino chiamato Portonovo, l’autista si fermò in un parcheggio vicino alla costa, dal quale però non si vedeva il mare.
Eravamo circondati da una vegetazione generosa e dai colori brillanti; non avevo mai visto le colline del Conero che nel contrasto col mare, raccontavano l’esuberanza di una natura rimasta selvaggia.
Un corridoio di strada asfaltata ci condusse al mare dove un splendido albero di fico ci accolse all’ingresso del Clandestino, il famoso ristorante sulla palafitta.
Ci trovavamo nella Baia di Portonovo e di fronte a uno dei tramonti più belli che avessi mai visto, dove colori accesi giocavano ai contrasti: il bianco di ghiaia e sassi scontornava il blu del mare chiazzato di verde trasparente che invitava ad immergersi.
Il ristorante era un’enorme finestra sul mare e anche la spiaggia, di fine granella, ospitava tavolini e candele accese; eravamo a casa di Moreno Cedroni, chef stellato che ha fatto del suo locale un’alternativa originale alla proposta giapponese. Il suo susci bar offre una riforma del più classico sushi, attraverso rivisitazioni creative e attuali.
Fu un’ottima cena per gusto e panorama, durante la quale la produzione ci comunicò lo slittamento di un paio d’interviste della band: aveamo dei giorni off, potevamo rientrare.
L’autista ci accompagnò al Fortino Napoleonico, dove erano state prenotate delle camere per noi; in quella tournée ne avevo visti di posti incantevoli ma il Fortino mi stupì: era decisamente maestoso e nascendo tra mare e bosco risultava anche spartano, si percepiva un’energia primitiva forse data dalle pietre a vista all’interno delle camere che, come il ristorante, si affacciavano sulla riviera del Conero.
Fu di fronte a quel panorama inaspettato che decisi di non rientrare a casa, ma di utilizzare i miei giorni off per scoprire quanta bellezza aveva ancora da rivelarmi quel posto.
La mattina successiva salutai i miei colleghi, che partirono alla volta di Milano, feci i bagagli e decisi che avrei affittato una camera a Portonovo; ne trovai una a 150 mt dal mare circondata da sempreverdi, giardini e prato all’inglese.
A sinistra dell’edificio la strada portava alla spiaggia Mezzavalle, a destra si andava verso la spiaggia delle Due Sorelle, mentre alle spalle si ergeva il Monte Conero: ero in paradiso.
L’accesso da un promontorio per la spiaggia di Mezzavalle era il preludio al terreno scosceso, che mi ricordò i miei amati trekking.
Fui colpita dalla bellezza e dalla pulizia di quella spiaggia libera senza spazzatura e mozziconi di sigaretta, una rarità per l’Adriatico; camminare sulla sabbia fatta di granella bianca, che con un colpo di mano veniva rimossa completamente dalla pelle, mi dava la sensazione di trovarmi in un luogo non ben identificato, ma fu la visita alla spiaggia delle Due Sorelle che mi regalò il vero incanto.
Inaccessibile se non via mare, è posta all’interno del Parco del Conero, come una collana di diamanti adagiata sul collo di una regina.
In quel luogo dall’energia pura e mistica, dove nulla è stato modificato dall’uomo, ho provato serenità e pace della mente.
A Portonovo avevo a disposizione nove ristoranti che guardavano il mare sia per pranzo che per cena e potevo scegliere tra quelli più informali o più chic, come Giachetti o Il Clandestino.
La Chiesetta di Santa Maria, citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia, mi invogliava a meditare e quando tornavo al Clandestino, la Torre Clementina mi faceva fantasticare sui poeti e letterati che aveva ospitato, come Gabriele D’Annunzio.
E poi c’erano i due laghetti salmastri, che incontravo camminando sulla stradina che porta al molo: il Lago Profondo e il Lago Calcagno posti al centro di un fitto canneto di giunchi e cannucce di palude.
Decisi di concedermi dei trattamenti in una SPA e di vedere altri luoghi di quella regione che era riuscita a sorprendermi.
Partii in direzione Senigallia destinazione Martines Club Resort, una struttura nata sulle colline della città nella quale si trova il Mandalay SPA; antico casale del ‘900 ristrutturato, ti accoglie al suo interno con un profumo di incenso e Africa, quella colonizzata dagli inglesi, presente negli arredi e nei più piccoli dettagli.
L’esterno è bucolico e rurale, con questa piscina che, come un terrazzo, concede la vista delle colline dalla vegetazione disegnata.
Sperimentai l’ayurveda, lo shiatsu e il reiki grazie a un operatore olistico preparato e gentile che mi parlò di sé.
Un uomo bruno dal fisico possente con lunghi capelli scuri e sguardo intenso, radicato in quella terra piena di energia e simboli che m’invitò a conoscere; mi chiese di seguirlo sulle colline di Jesi per fare un giro dei vigneti e degustare il vino del luogo: sua maestà Verdicchio.
Prenotai così in un piccolo agriturismo posto sulla collina e la mattina successiva quell’uomo così coinvolgente mi venne a prendere, annunciando la sua presenza con un piccolo mazzo di fiori di campo.
Attorno ai 14 Castelli di Jesi si trovano i vigneti di Verdicchio che si estendono a perdita d’occhio; visitammo diverse cantine e nell’ultima ci fermammo a godere del tramonto insieme a degli amici.
La luce modificava i colori di quello scenario incantato, che si adattava al passaggio da sole a luna; ricordo i tavolini di ferro battuto su un pavimento di pietra bianca che abitavamo a piedi scalzi e poi il vino, accompagnato a formaggi e salumi adagiati sul pane caldo. L’odore di terra e uva impregnava l’aria e cullava l’illusione di poter fermare quel momento.
Il giorno dopo ero in viaggio per Macerata, il tempo off era esaurito e la tournée doveva riprendere; ero grata per tutta quella bellezza dalla quale ero rinata e che ancora oggi, ogni volta che ritorno, continua a sorprendermi.
Conclusioni
Questa descrizione così dettagliata è frutto delle ricerche di cui ti parlavo; personalmente ho visitato Senigallia e le colline di Jesi, il resto me l’hanno raccontato i turisti della rete, permettendomi di costruire uno storytelling che funziona.
È un processo di scrittura più impegnativo, richiede tempo e va fatto con competenza, ma i risultati valgono lo sforzo; chi si occupa di turismo oggi compete prima di tutto con i turisti di Instagram che riversano milioni di parole e immagini sui luoghi di vacanza, a volte violentando la narrazione e spesso lasciando indietro gli operatori turistici.
Lo storytelling fatto di storie e racconti ci permettono di ridare dignità ai territori e valorizzarli per la relazione che costruiscono con chi li visita, una relazione sempre più umana, legata ai valori e sempre meno estetica, costretta a restare nascosta sullo sfondo del prossimo selfie.
Mi chiamo Roberta Marchi e scrivo per aiutare brand e persone a incontrarsi, sia in digitale che live.
Mi appassiona la visione d'insieme e la creatività, che senza analisi è nulla. Credo nella comunicazione che rilascia ispirazioni, come quelle che ho ricevuto viaggiando; l'incontro con culture diverse mi ha insegnato a contaminare le mie certezze per non sentirmi mai troppo al sicuro e restare disponibile al cambiamento.