Ci saranno ancora persone che si chiederanno: “UX writing cos’è?”.

È la scrittura per la user experience di app, siti e software; si compone di ricerca, che serve a comprendere come disegnare le interfacce di quel prodotto (o servizio) dal punto di vista verbale e di contenuti, per rendere facile l’utilizzo da parte delle persone; poi ci sono i microtesti che servono a spiegare le azioni da compiere.

In Italia finalmente è stata sdoganata grazie a (pochi) professionisti e professioniste (ux writer) che hanno contribuito a fare cultura attraverso le loro competenze, acquisite principalmente all’estero; il fatto che si sia aperto il canale della comprensione non vuol dire che tutte le imprese stiano dando la giusta attenzione al tema.

Bene, ma non benissimo

Nei giorni scorsi mi è capitato più volte di perdere la pazienza dentro a servizi web nei quali, oltre a dover elargire dati sensibili senza un perché, mi sono trovata a dover esercitare capacità predittive per svolgere correttamente i vari passaggi che portano al check-out.

Ho percepito una fastidiosa sensazione di abbandono, come se aiutarmi a completare serenamente le operazioni non interessasse a nessuno, sensazioni che mi hanno portata a disiscrivermi da quei servizi.

La scrittura per le interfacce, di cui si occupano copywriter ux che hanno seguito una formazione specifica, come tutta la user experience, si costruisce proprio tenendo conto delle emozioni delle persone quando percorrono i passaggi che devono accompagnarle verso un check-out felice.

Non tenerne conto è come togliere le fondamenta alla costruzione di una casa che, inevitabilmente crollerà; le emozioni negative (e positive) che proviamo in rete, si ancorano nella memoria, insieme ai brand che le hanno stimolate, dai quali vorremmo scappare oppure creare relazioni intense.

Assicurarsi una user experience che rassicura, accompagna e informa è una grande manifestazione di rispetto per le persone che utilizzeranno il servizio e che verrà immancabilmente percepita.

Le interfacce sono rispettose quando si rivolgono alle persone con l’intento di supportarle, senza farle mai sentire smarrite o raggirate.

Esempi di UX writing che supporta

Se, ad esempio, il tuo servizio si occupa d’investimenti e per dare risposte ti servono dati sensibili, creerai una domanda chiara:

  • qual è il tuo reddito annuo?

accompagnata da una specifica:

  • questo dato mi serve per indirizzarti al tipo di investimento migliore per te.

Oppure, nel caso in cui il tuo servizio preveda la possibilità di acquistare attraverso un credito, nel momento in cui esso si esaurisce l’ideale sarebbe semplicemente avvisare con una frase:

  • il tuo credito è terminato

accompagnata da un’indicazione:

  • ricarica – posta su un bottone di collegamento diretto al pagamento.

un esempio di ux writing fatto bene, in contrapposizione a uno scadente

Img Nick DiLallo

 

Quante volte invece ancora capita di essere indirizzatǝ alla pagina successiva, per poi perdersi nelle pieghe del sito o del software, alla ricerca della sorgente utile per ricreare il credito necessario agli acquisti.

Finire in siti/app/software che si trasformano in trappole è ancora piuttosto normale, una cosa che mi spazientisce lasciandomi la sensazione che il brand non abbia un vero interesse verso le persone e la protezione dei loro acquisti, per i quali serve un design che non sottolinea i problemi ma li risolve.

Con questo mi riferisco, ad esempio, al classico errore nella compilazione del form, quando ti appare una casella che al posto di dirti cosa fare, ti dice che hai sbagliato: e quindi?

Rispetto, dunque.

Curare la ux writing, come tutto il design significa usare chiarezza, spiegando i passaggi delicati legati ai dati sensibili, indicare sempre i prezzi, fornire subito la soluzione ogni volta che emerge un problema, che sia la password dimenticata o un errore di software; sono tutte forme di rispetto che aumentano il valore percepito del servizio e invogliano a tornare ad acquistare.

Essere umano, copywriter, UX writer & event designer at Linguaggi Umani | info@robertamarchi.com | Website

Mi chiamo Roberta Marchi e scrivo per aiutare brand e persone a incontrarsi, sia in digitale che live.

Mi appassiona la visione d'insieme e la creatività, che senza analisi è nulla. Credo nella comunicazione che rilascia ispirazioni, come quelle che ho ricevuto viaggiando; l'incontro con culture diverse mi ha insegnato a contaminare le mie certezze per non sentirmi mai troppo al sicuro e restare disponibile al cambiamento.